Prendo spunto dal recente dibattito per parlare del panel test, a mio modo di vedere il metodo più efficace per valutare la qualità di un olio extravergine di oliva, ma più in generale il miglior metodo per valutare la qualità ed il sapore di qualsiasi alimento. Uso il termine “efficace” non a caso: mi serve per indicare come il metodo del panel test arrivi a compiere il suo scopo, ossia esprimere la qualità di un olio di oliva, in modo oggettivo, pur passando dai sensi.
Vediamo in cosa consiste tale metodo.
Il panel è costituito da un gruppo di assaggiatori “selezionati, addestrati e controllati”, generalmente in numero di 8 – 12. Il panel test indica la procedura mediante la quale viene eseguita la valutazione di un olio e la conseguente classificazione. Tale procedura è codificata in ogni singolo passaggio e tale codifica è volta a renderla il più oggettiva possibile.
Per poter far parte di un panel un assaggiatore deve dimostrare (sempre mediante test) di possedere la necessaria sensibilità organolettica (per farla breve, di avere le papille gustative a posto). Dopo la selezione è previsto un addestramento, durante il quale l’assaggiatore oltre che imparare a distinguere e valutare i pregi ed i difetti dell’olio, viene “tarato”, in modo da riuscire ad ordinare sempre nello stesso modo i diversi gradi dei difetti e dei descrittori positivi degli oli che valuta. Per usare una metafora musicale: un musicista alle prime armi impara a riconoscere note più alte rispetto a note più basse, mentre uno esperto, magari dotato di orecchio assoluto, è in grado di riconoscere le note anche quando suonate singolarmente. Questa è l’ambizione di un assaggiatore: determinare i valori saggiati in termini assoluti e non relativi.
Per rendere ancora più soggettiva la valutazione del panel test, l’assaggio viene fatto ripetere da più assaggiatori, nelle medesime condizioni, con un preciso protocollo: viene infatti regolamentato il bicchiere da usare, il numero massimo di assaggi che è possibile fare in una singola seduta, l’ambiente di assaggio, che non deve offrire distrazioni, per citare le più importanti.
L’assaggiatore diventa a tutti gli effetti uno strumento di lettura, che ad ogni assaggio restituisce un valore per ognuno dei parametri valutati.
I responsi del test vengono raccolti dal capo panel, colui che si prende cura dell’affidabilità del gruppo di assaggiatori e della qualità del loro assaggio, monitorandone lo stato di salute, la concentrazione, l’esperienza e tutto ciò che può influire negativamente sull’attendibilità dei risultati ottenuti. Come tutti gli strumenti di analisi infatti gli assaggiatori hanno bisogno di essere rodati, tarati, controllati, e perché no: ricaricati. Il capo panel ha la responsabilità della formazione e delle prestazioni del panel, è la guida dell’assaggio, di fatto, per usare sempre metafore musicali, è il direttore d’orchestra. Deve essere a conoscenza di tutto ciò che accade e del perché accade, in modo da comprendere anomalie procedurali anche quando queste non sono palesemente evidenti.
I dati raccolti dal capo panel vengono controllati: viene verificato che ci sia consonanza nelle valutazioni fatte dagli assaggiatori. Nel caso ci fossero grosse discrepanze tra essi può eventualmente richiedere di ripetere l’assaggio.
I dati vengono processati attraverso il metodo statistico: tralasciando l’aspetto tecnico, è importante comprendere come l’analisi statistica permetta di eliminare le percentuali di errore dei dati raccolti dagli assaggiatori, assottigliando ulteriormente il livello di soggettività dell’analisi.
Quindi il panel test è una cosa seria, tant’è che per avere validità ufficiale deve essere eseguito da un panel riconosciuto dal COI ed eventualmente, in Italia, il MIPAAF, rispettando precisi standard.
Sicuramente il metodo organolettico non è il migliore in assoluto, così come non lo è quello chimico. Ma questo perchè non è ancora stato trovato il metodo perfetto.
A proposito, riporto una domanda fatta da A. Grimelli al prof. Erminio Monteleone:
“Quindi la valutazione organolettica per l’olio d’oliva è affidabile?
Se avviene entro prassi rigorose che limitano e circoscrivono la singola individualità, cercando di dare armonia e omogeneità al gruppo, di assaggiatori o di comitati di assaggio, [il panel test] diventa un metodo affidabile. Ogni valutazione ha in sé margini di errore che è compito delle procedure confinare il più possibile.”
Il metodo dell’assaggio rimane imprescindibile, poiché è ancora possibile trovare “un olio con parametri fisico-chimici accettabili ma con evidenti difetti organolettici”. É sufficiente pensare al semplice dato dell’acidità: il valore di un olio raffinato è più basso di quello di un ottimo extravergine. Al momento l’ottimale è la sinergia tra i due metodi, chimico e sensoriale, anche se di difficile applicazione.
L’assaggio, soprattutto attraverso l’addestramento e l’allenamento, permette di acquisire la capacità di valorizzare un olio in tutte le sue sfumature organolettiche e di acquisire la capacità di percepire sentori che la chimica non ancora riesce a descrivere. Il linguaggio necessario alla descrizione di un olio sono uno stimolo per la fantasia e la comunicazione, che permettono all’olio stesso di diventare non un semplice alimento, ma uno strumento di scambio di idee e culture.